Partiamo da Izmit in mattinata per percorrere i 1000 km circa che ci separano da Izmit a Trabzon, antica colonia greca da noi nota con il nome di Trebisonda (continuo ad andare su wikipedia con la VPN).
Fino a Samsun la strada e’ semi deserta e il paesaggio poco interessante, tranne un tratto in cui le rocce assumono forme lunari e bizzarre. Ma non c’e’ tempo di fermarsi a fare qualche foto come si deve. Abbiamo 12 ore davanti a noi e, siccome non c’e’ stato un giorno senza imprevisti, ne mettiamo in conto 16.
Passati vicino Ankara, canticchio “Ankara, Ankara, perché io da quella sera, non ho fatto più l’amore senza te”. Francesco mi guarda male.
Ci si ferma solo a una stazione di servizio che diventa il nostro set fotografico per necessita’ più’ che per scelta.
Da Samsun a Trabzon si incomincia a intravedere il mare. Mancano solo duecento e rotti chilometri.
Il problema e’ che la strada passa per città dopo città, ognuna con il suo limite di velocità (molte con un bizzarrissimo limite di 82 km/h).
Divertendoci a beccare gli 82 precisi (attento, stai andando ad 83), arriviamo nottetempo a Trabzon, esausti.
Francesco parcheggia la macchina vicino all’ostello di Trabzon e io scendo a chiedere se ci sono stanze libere.
La signora mi chiede: siete in bici?
Io: no
Signora: moto?
Io: no
Signora: Macchina?
Io: si
Signora: Mongolia?
Io: Si
La signora, Elif è il suo nome, esplode di gioia come se fosse venuta a trovarla un vecchio amico e ci chiede di mostrarle la macchina. Poi decide di non farci pagare la stanza. Inizia una contrattazione al contrario, in cui chiediamo di farci pagare qualcosa, almeno la colazione. Ma mi e’ gia’ successo con i turchi: quando hanno deciso di omaggiarti non c’e’ modo.
Ringraziamo Elif e, mangiato un Iskender kebab, ascoltiamo un po’ di musica dal vivo in uno dei pochi locali che servono alcol. Il cantante canta solo canzoni turche. Credo sia solo una mia impressione, ma quando canta canzoni dal suono occidentalizzante riceve meno favori del pubblico. Quando si lancia in pezzi dal suono neomelodico e in assoli di canto “a fronna ‘e limone”, come lo chiamiamo a Napoli, si crea una straordinaria alchimia e l’intero locale canta in coro. L’apoteosi si raggiunge quando canta un pezzo il cui ritornello inizia con Karadeniz Karadeniz (Mar Nero, Mar Nero), che immagino sia la hit tradizionale locale.
Al risveglio Elif ci fa trovare una buona colazione (anche se mi inquieta un attimo mentre mi porta il caffè e sussurra ripetutamente – credo almeno sei volte – man mano che si avvicina “Turkish coffee, Turkish coffee, Turkish coffee”) e ci augura buon viaggio. La colazione mi serve, data la nottata tempestata da incubi che credevo di aver lasciato a Milano (non erano arrivati finora, devono aver trovato anche loro traffico alla frontiera).
Oggi Georgia. Oggi si inizia a vedere paesi nuovi (almeno per me). Domani si rallenta e da domani si può iniziare con i progetti video lasciati in sospeso. Ma la camminata e’ lunga: 6 ore di macchina, un’ora di fuso, e una stramaledetta frontiera. Poi Tbilisi. Poi riposo. Finalmente
Bellissimooooo! Forza! Anche se ormai mi aspettavo l’imprevisto devastante.
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