Sono in una cella del commissariato di Tbilisi. Accanto a me un armeno completamente tatuato e un omaccione russo che, a differenza del loquace armeno non proferisce verbo, ma continua a sputacchiare per terra. Francesco non so dove sia, devo averlo perso nella confusione della rissa. Ma come ci sono finito? Facciamo un passo indietro.
Me lo aveva detto Shota in albergo: – divertiti, ma qualsiasi cosa succeda, non sfidare, e soprattutto, non battere un georgiano a Kachasvili, il loro gioco da tavolo/azzardo preferito, che si gioca tirando due dadi, uno dei quali e’ visibile, mentre l’altro viene nascosto da una specie di ciotolina di legno incavato e decorato. Prima di sollevare la ciotola che nasconde il secondo dado bisogna esclamare “Lootah” e sbattere il pugno sul tavolo.
Ok, non e’ vero. Nessuna rissa, nessuna cella e soprattutto nessun gioco da tavolo Georgiano farlocco. Semplicemente la prima giornata tranquilla, finalmente.
Visitiamo Tbilisi che e’ davvero bella, soprattutto quando le mura, la vecchia fortezza e le chiese sono illuminate di notte.
La notte il centro e’ vivissimo, animato da musica, svariati bar all’aperto e su terrazzi sui tetti dei palazzi. Tra le curiosita’ segnalo un “German bar” che pero’ stava suonando musica francese e un negozio di montature di occhiali in legno personalizzate.
I Georgiani sono molto cordiali e simpatici e la città e’ visitata da molti turisti, quindi e’ facile comunicare in inglese quasi con tutti.
Di giorno il caldo e’ soffocante e, purtroppo, dal fiume Mtkvari, le cui acque non sono esattamente limpide, arriva un terribile tanfo.
Ma la sera ripaga delle sofferenze della mattina con la vitalità e le luci romantiche del centro storico. Beviamo una “Argo”, birra locale (che ci ricorda che a breve saremo a Teheran) in un locale dove suonano jazz.
Poi andiamo al “Lolita” per cena, un locale “cool” di Tbilisi con cucina a vista e un bel giardino con i tavolini.
Per arrivarci prendiamo la metropolitana, le cui stazioni, immagino opera dei sovietici, caratterizzate dalla classica architettura comunista, spiccano per la lunghissima discesa agli inferi che bisogna fare per arrivare ai binari (ad occhio quasi un chilometro di scale mobili, non oso pensare in salita se si rompono).
Tbilisi e’ stata una piacevole sorpresa, città dalla bella energia dove torneremo senz’altro con più calma.
Adesso e’ il turno dei vicini armeni. Andiamo ad Erevan e se la frontiera ci sarà favorevole (ma quando mai lo e’ stata) visiteremo qualche monastero nel cammino.
Foto in miniatura cliccabili.