Partiamo da Yerevan la mattina. Siamo diretti a Meghri, alla frontiera con l’Iran. Lo stesso percorso dove alle prime salite Gengis aveva dato segni di cedimento.
Oggi sembra essere tornata ai suoi antichi fasti. Non ha problemi sulle salite e anche se la spia ogni tanto si accende per poi spegnersi subito dopo, il motore non sembra risentirne e Gengis si arrampica sulle montagne come un Pantani o quasi.
Superato l’Ararat iniziamo la salita e, giunti a Zangakatun, decidiamo di accostare per salutare e ringraziare Partev.
Gli diciamo, sempre nella nostra parodia del Russo, la macchina adesso funziona. Era il catalizzatore. Lui: – Catalizzatore? che vi avevo detto?
Quindi fa cenno di seguirlo: ci invita a pranzo a casa sua. Ci fa assaggiare del buon formaggio, pomodoro, peperoni e immancabili, piatto nazionale, le albicocche, Ziran. Il tutto dal suo orto (compreso il formaggio, di vacca, le mucche sono poco dietro l’ingresso).
Ci fa conoscere il figlio, militare, come l’altro suo figlio. Ha anche una figlia, dottore a Yerevan, e un nipotino. Il tratto che stiamo attraversando e’ una striscia di Armenia tra l’Azerbaijan e il Naxcivan, un’exclave dell’Azerbaijan stesso. In altre parole, alla nostra sinistra e alla nostra destra l’Azerbaijan. Alla nostra sinistra e’ vicinissimo, la frontiera sono praticamente le colline che vediamo dalla casa.
Visto lo stato di perenne tensione tra i due paesi, prevedibilmente, la presenza di militari in questa zona e’ piuttosto elevata. Gia’ il giorno prima avevamo visto gruppi di militari tra i clienti della sua officina.
– Azerbaijan, spara – ci dice Partev mimando un kalashnikov – Noi no, noi non spariamo. Cosi’ sostiene. Il militare e’ certamente un mestiere piuttosto diffuso in questa zona dell’Armenia.
Nella terrazza della casa si trovano tre letti: con il caldo estivo, dormire all’aperto può’ essere una buona soluzione.
Ci racconta che in inverno, nel giardino, fa un metro di neve. Scherzando gli chiediamo: anche in inverno dormite la’?
Partev fa il meccanico da 30 anni, a Zangakatun, paesino che, ci dice, ha circa 2000 abitanti che, come e’ facile immaginare, si conoscono tutti.
Verso le due e mezza, con dispiacere, indichiamo a Partev l’orologio. Ci sono sei ore di strade montane da percorrere e purtroppo dobbiamo andare.
Superato Vajk, il punto massimo dove ci eravamo spinti ieri, iniziamo ad arrampicarci in montagna, a 2500 metri. Segue un altopiano per diversi chilometri e, poco prima di Tatev un aeroporto situato in una posizione spettacolare in mezzo alla montagna, ma dove avrei paura di atterrare.
La strada fino a Meghri attraversa montagne con infinite serie di tornanti e splendide vallate che la solita fretta di arrivare prima delle tenebre ci impediscono di fotografare decentemente arrestando la macchina, salva la foto di apertura.
Finalmente, in serata, arriviamo a Meghri. La strada attraversa una splendida vallata, alla nostra sinistra il fiume che separa l’Armenia dall’Iran. Segue una mulattiera di un chilometro circa che porta al bed & breakfast dove dormiamo.
C’e’ un pianoforte scordato, che provo a suonare, ma che emette suoni peggiori del duduk nelle canzoni del nostro primo giorno in Armenia.
Decidiamo di cenare li’. Il pasto e’ abbondante e ci offrono anche una loro bottiglia di Vodka fatta in casa. Ne approfittiamo. In Iran sarà un lusso che non potremo permetterci.
Iniziamo a strimpellare chitarra e fisarmonica. La signora si avvicina. In Russo ci dice: “mio marito era un musicista, direttore della casa della musica di Meghri. E’ morto 4 anni fa, il pianoforte era il suo. Continuate a suonare, mi fa piacere”. Cerchiamo di trovare qualche pezzo che lei conosca.
Il suo volto si illumina solo a “sarà perché ti amo”. – Ricchi e Poveri, dice. Due ragazzi e una ragazza.
Domani la frontiera Iraniana. Speriamo ci sia amica.
Due piccole note di chiusura. Prima: come si nota il blog ha un suo “fuso orario” tutto particolare, un po’ come qui in Iran (in questo momento sono alla frontiera, in attesa) dove hanno scelto CET +3,5. Si hanno mezz’ora di fuso. Ecco, il blog, generalmente racconta quello che e’ successo il giorno prima, ha un ritardo di un giorno. Da questo momento non sappiamo come saranno le condizioni di accesso ad internet (oltre al tempo disponibile per scrivere), quindi ci potranno essere ritardi.
Inoltre, il titolo inizia sempre con: “Cronaca del Viaggio Esterno”: quello che succede all’esterno. Potrebbero seguire a breve due “Cronache del Viaggio Interno”, quello che succede dentro di me o di noi.
Inoltre in alcuni paesi: e.g., Iran, Turkmenistan, ci sarà una sezione: “Cronaca del Viaggio Proibito”, in cui scriverò, una volta lasciato il paese, cose che per precauzione preferisco aspettare a scrivere.