Ok, oggi inizia di nuovo cosi’: ci svegliamo di mattina presto per dirigerci alla frontiera. Lasceremo l’avventuroso Turkmenistan e i suoi deserti per dirigerci verso le più fertili valli dell’Uzbekistan. L’Uzbekistan, al centro della via della seta e’ patria di città meravigliose che evocano suggestioni esotiche: Khiva, Bukhara, Samarcanda. Al centro del regno del grande Tamerlano, ha vissuto un’epoca di splendore, le cui vestigia sono ancora ben conservate.
Ma prima c’e’ una frontiera. La fonte principe di aneddoti del viaggio. Essendo coinvolto il Turkmenistan calcoliamo sulle cinque ore, per fortuna senza cambio di fuso. Siccome andiamo verso est ogni cambio di fuso e’ un’ora persa.
Arriviamo comodamente alla frontiera del Turkmenistan e ci prepariamo alla loro estenuante burocrazia. Non ci delude: un’altra pila di formulari tutti scritti a mano e di tasse a casaccio per pagare. Most, dice il militare. Deve essere la tassa per l’uso del ponte. Non sappiamo se il ponte sull’Amu Darya di una trentina di chilometri prima o il ponticello di dieci metri per entrare alla frontiera.
Le pratiche si svolgono senza particolari problemi, tranne un poliziotto che, nel controllare la macchina trova la civetta che Francesco ha messo come mascotte e si convince che i suoi occhi sono due telecamere. Inizia a palpeggiarla per buoni cinque minuti, finche’ non la prendo e la sbatto per terra: visto, non e’ una telecamera, non si e’ rotta.
Finalmente salutiamo il Turkmenistan. Nonostante le bizzarrie governative, la gente e’ stata molto cordiale, contenta e curiosa di vedere dei turisti, merce rara da queste parti. E ci ha donato alcuni momenti molto avventurosi nel deserto.
Finalmente si entra in Uzbekistan. I primi controlli sono veloci e semplici. Impossibile pareggiare il Turkmenistan quanto a paranoia. Qui ce la dovremmo cavare presto.
E invece no. Avrei dovuto sospettare qualcosa quando l’addetto ai timbri, come era successo in Turkmenistan, ci ha misurato la febbre.
Poco dopo due poliziotti sovrappeso ci chiedono l’uno di portare tutti i bagagli dalla macchina e passarli sotto a un metal detector, l’altro di consegnarli i telefonini.
Inizia dal mio. Controlla tutte le foto. E dico tutte, 1650 tra foto e video controllate ad una ad una. Una cosa piuttosto fastidiosa francamente. Un’intrusione nella mia vita che non dovrebbe avere il diritto di fare in un paese civile.
Mi diverto un po’ anche io. In qualsiasi foto in cui sono con un’amica dico: “la mia ragazza”. Alla quindicesima, ride e capisce che sto scherzando. Nel frattempo aveva fatto anche una sua personale classifica, che non vi diro’. In maniera un po’ paracula diro’ semplicemente che la più bella sa di esserlo.
Nel frattempo si perde altro tempo perché contemporaneamente i due pingui poliziotti stanno controllando due ciclisti iraniani, che intendono andare in Thailandia in bicicletta. Hanno trovato una polverina nera che, gli iraniani spiegano, e’ un’erba naturale iraniana utile per far sport e che aiuta a dimagrire. Va sciolta nell’acqua e crea delle specie di bollicine. Il sapore e’ tutto meno che buono, ma i ciclisti, simpatici e amichevoli come tutti gli iraniani incontrati in questo viaggio, assicurano che fa molto bene.
Il poliziotto non e’ convinto. Continua a chiedere se e’ un narcotico. Dopo mezz’ora, usandomi come interprete (gli iraniani parlano inglese), si convince. Mi fa chiedere: e quanta al giorno ne dovrei bere per perdere quanti chili? L’iraniano mi dice di dire: aiuta a perdere, non fa perdere, per quello ti presterei la bicicletta, ma mi serve.
L’iraniano mi fa vedere la bandierina dietro alla sua bici: dice “live more, worry less”. Gli dico: spiegalo a sti ossessionati qua.
E sono proprio ossessionati. Nel controllare tra le foto di Francesco, trovano qualche foto contenente nudità, dei meme con delle battute, di quelli che si mandano su WhatsApp. Una ritrae, con un fotomontaggio, Rosy Bindi nuda. Si prova a spiegare che sono scherzi, anche traducendo di volta in volta cosa dice il meme. A loro non fa ridere. O meglio, un paio gli fanno pure ridere, ma devono fingere di no. Portano Francesco in una stanza separata per ulteriori controlli e domande. Alla fine decidono solo di cancellare le foto e, dopo quattro ore di ridicoli e paranoici controlli entriamo in Uzbekistan.
Andiamo a Bukhara, il cui centro storico e’ perfettamente conservato (anche se ogni tanto, a dire il vero, all’improvviso spuntano vie e case completamente sfasciate, che stridono con la magia del vecchio centro, per la quale parlano le foto.
Ritorna anche internet senza (troppe) censure. Bukhara e’ una città molto turistica e, con i turisti vengono i servizi a cui il turista occidentale e’ abituato.
Dopo la traversata nel deserto, Bukara con le sue madrasse e i suoi antichi palazzi, ci appare come una specie di oasi. Chissà, forse anche le carovane che attraversavano la via della seta la vedevano un po’ cosi’.
Domani ci dirigiamo verso la capitale, Tashkent dalla quale, se ci saranno le condizioni, punteremo ad Osh, in Kirghizistan, attraversando la splendida valle di Fergana. Altrimenti ci toccherà tagliare per il Kazakhstan.