– Gli orsi sono animali molto intelligenti e suscettibili, dice Azamat indicandomi di far silenzio.
Ci siamo uniti a lui per la tradizionale caccia all’orso notturna. Si va in gruppi di dieci persone con una specie di calappio,che chiamano Khabarat, e lo scopo e’ accalappiare l’orso. Sospetto ci sia anche qualcosa di simbolico, dove l’orso rappresenta la Russia e lo scopo e’ dimostrare la superiorità Kazaka sui potenti vicini.
– Ok, ma che succede se mi sente?, sussurro nel buio
– Si nasconde, risponde Azamat, che fa Colantuono di cognome, ma giura di non avere origini italiane.
– Si nasconde dove, che qui e’ tutta steppa e non c’e’ un albero?, gli chiedo curioso.
– Gli orsi sono animali molto intelligenti, ripete Azamat, scuotendo le spalle e guardandomi come se fossi un alieno.
– Ma ne avete mai accalappiato qualcuno?, domando
– Certo che no, qui non ci sono orsi, e’ più un modo per stare insieme.
Ok, come avrete capito nel tragitto tra Bishkek e Almaty non sono successe cose particolari e mi sono inventato un’altra cazzata di contorno. Che poi non e’ troppo irrealistico, dato quello che hanno visto degli australiani che sono davanti a noi appena entrati in mongolia. Ecco il video.
Essendoci poco da raccontare dal punto di vista esterno, ci inserisco un inciso interno.
Cronaca del viaggio interno, Day 2. Monete
– Kazakhstan money, buy Kazakhstan money, Tenge!, grida un signore con la borsa.
E’ una caratteristica comune a tutte le frontiere da quella tra Armenia e Iran in poi. Un signore con la borsa, in uscita dal paese, che vuole venderti moneta del paese dove stai entrando.
Iranian money, Rial! Turkmenistan money, Manat! Uzbekistan money, Sum! Kirghizistan money, Som! e oggi Kazakhstan money, Tenge!
Ne abbiamo cambiate di monete, in questo viaggio. Come ai tempi in cui ero giovane e cambiavo un paese al giorno in treno, con l’interrail. Non c’era moneta unica e non avevo ancora una carta di credito. Qui le carte di credito le abbiamo pure, ma in molti di questi paesi non e’ facile usarle o prelevare. Quindi si ritorna al vecchio cambio (di dollari nel nostro caso) e ai vecchi calcoli di quanti ne saranno necessari per attraversare il paese.
– Kazakhstan money, you want? Good change. You where from? ot kuda’? Italia? Celentana, Tota Cutugna, Michiele Placida (in Russo tendono a pronunciare la “o” non accentata come “a”)
Monete. Talmente abituato a usare il bancomat, ho quasi dimenticato le formalità del cambio e i relativi calcoli. Siamo in un’epoca di crescente dematerializzazione. La ricchezza, rappresentata da numeri in un conto in banca e non dalla piscina di monete di zio Paperone. La musica. Una volta i CD (o addirittura le musicassette) erano oggetti da collezionare e custodire con amore. Adesso anche il supporto della musica e’ immateriale. Immateriale come le foto, non più stampate su un album, ma custodite, se tutto va bene in un hard-disk esterno o in un cloud e, immancabilmente, su Facebook o instagram.
Le relazioni umane (non sempre, grazie a Dio), veicolate da altri supporti immateriali, Skype, WhatsApp, email e, immancabilmente, Facebook. False. Artefatte. Costruite ad arte per apparire senza difetti, quando i difetti sono cio’ che caratterizza e rende unico un uomo, come gli imprevisti, in fondo, hanno reso unico questo viaggio.
Una volta si parlava, e lo si fa ancora, dell’avido come persona attaccata ai beni materiali. La ricchezza era ricchezza materiale. Ormai, credo, si può riflettere sulla nuova figura dell’avido come avido di ricchezze immateriali. E recuperare il senso del materiale, che questo viaggio mi ha fatto un po’ riscoprire (anche se, paradossalmente, lo scrivo su un blog, anch’esso immateriale).
– Sorry, we don’t need Kazakh money, we will change them in Kazakhstan.
Monete. Vere (non tutte, anche per quello non ci fidiamo dell’uomo con la borsa). Percepibili al tatto. Meravigliosamente materiali. Nell’immateriale si nasconde l’inganno, l’artefatto, il cinismo, photoshop, l’autotune. Ci sono anche nel mondo materiale, e’ vero, ma si nascondono peggio, come gli orsi di Azamat.
– In Kazakhstan bad change, here I make you good change.
Monete, la piscina di zio Paperone. Non esiste più. E non e’ un male. Siamo in un’epoca in cui e’ possibile reperire istantaneamente qualsiasi informazione su qualsiasi cosa. Dove e’ possibile scoprire qualsiasi canzone scritta in qualsiasi parte del mondo, tesori (non più) nascosti e meraviglie dell’animo umano.
Eppure ascoltiamo tutti, in ogni paese, la stessa canzone, ascoltiamo tutti despacito. Ecco, anche questa e’ stata una nota positiva del viaggio, ascoltare musiche diverse, sonorità a noi non familiari. Non dappertutto. Per indicare quanto la tendenza a uniformare della globalizzazione ha raggiunto i vari paesi, ho creato l’indice di despacito, che rappresento in una mappa che inseriro’ qua sotto al ritorno dall’Italia. Caratterizza l’influsso globale sul paese in base a se e quante volte abbiamo sentito per strada despacito. Posso dire che, al momento, gli unici paesi dove non l’abbiamo sentita affatto sono il Kirghizistan, l’Uzbekistan e, ovviamente, il Turkmenistan.
INSERIRE GRAFICO
– No, thank you.
La frontiera e’ di quelle abbastanza organizzate e la passiamo agevolmente e il tragitto fino ad Almaty e’ privo di insidie. Riposiamo in un albergo di categoria decisamente superiore a quelli usati in precedenza e passeggiamo per questa città dal look sicuramente più occidentale delle precedenti, ben organizzata e con tutti i servizi per accogliere i turisti, in cui, come prima impressione, sentiamo parlare molto più russo che kazako. Le impressioni saranno confermate nei successivi giorni in Kazakhstan. Ma questo nei prossimi post.