Fuggiamo da Tagliacozzo a gambe levate alle sei e mezza del mattino. L’obiettivo e’ arrivare a Semmai/Sergej/Sai Mai a ora di pranzo per poter fare alcuni servizi e poi riposare un po’ in albergo. In mezzo non ci sono frontiere, quindi dovremmo farcela.
Attraversata la solita strada indecente arriviamo in effetti per pranzo a Semey e proviamo a cercare un albergo. Il primo ha un prezzo spropositato per quello che appare essere. Al secondo siamo più fortunati. Ci accoglie (più o meno) una signora di poche parole e con il broncio che ci mostra la stanza. Capiamo poi il motivo del broncio. La abbiamo vista dietro alla portineria a ogni ora del giorno e della notte. Probabilmente soffre di insonnia o ha vinto il premio Stakanov 2017. Prendiamo la stanza e usciamo subito a fare i nostri servizi.
Prima tappa, tanto per cambiare, un meccanico. I mille chilometri di buche hanno fatto cedere il paramotore che urta facendo un brutto rumore e decidiamo di farlo avvitare. Inoltre, sempre per effetto delle buche, la macchina sembra perdere liquido, ci sembra acqua del condizionatore.
Le riparazioni prendono un’oretta nella quale assistiamo a una singolare scena. All’improvviso, dal nulla, spunta un signore russo che si toglie la maglietta, inizia a gridare ordini, fa sollevare la macchina, tocca le ruote e scompare come era comparso.
Sistemata la macchina, occorre darle una lavata. Ci sono almeno tre centimetri di polvere del Kirghizistan da rimuovere. La facciamo rimuovere da un simpatico benzinaio, dove siamo assaliti dalla solita folla che vuole fare foto.
A questo punto ci resta solo un ultimo servizio da fare: provare a comprare una pompa per gonfiare il materasso. Va fatto adesso perché in Mongolia toccherà dormire almeno quattro volte in macchina e non e’ detto che a Barnaul riusciremo ad avere un intero pomeriggio.
Avevamo visto un negozio di sport vicino all’albergo ad Almaty, ma lo avevamo trovato chiuso. Siamo più fortunati a Semey, parcheggiamo la macchina proprio di fronte a un grande negozio di sport. Adesso tocca, pero’ una sfida impegnativa: non sapendo come di dice “pompa” in russo, devo affidarmi a google translator per dire alla commessa: “buongiorno, avrei bisogno di una pompa”. Prendo coraggio e dico quello che mi ha detto google. Tremo al pensiero di come possa aver tradotto “pompa”. Il secondo prima della sua risposta e’ eterno.
Lo ha tradotto bene. Ma non ne hanno. Mi consiglia di andare “per strada”. All’inizio non capiamo. Poi ci accorgiamo che c’e’ un enorme mercatino, dove si può trovare di tutto.
Sicuro della traduzione, convinto chiedo al nerboruto esercente: “avrei bisogno di una pompa”. Qui vi aspettate che mi dia uno schiaffo. No, lo ho detto, la traduzione e’ corretta, mi da la pompa per il materasso.
Possiamo quindi dirigerci a una delle poche attrazioni turistiche della città. Un parco dove sono rimaste una decina di statue di Lenin e altri eroi del comunismo. Adesso e’ utilizzato dalle coppiette per infrascarsi. Sotto lo sguardo di Ilya Ulyanov, una volta rivolto all’avvenire, oggi al pomiciare.