Lasciamo Olgii di mattina stavolta non troppo presto. L’obiettivo è raggiungere la baia dei canguri entro due o tre giorni. Da lì in poi inizia una strada asfaltata che porta fino a Ulan Bator.
Ok, ovviamente in Mongolia non c’è il mare e non ci sono marsupiali. Continuiamo il nostro esercizio di italianizzare i complicato nomi mongoli. La baia dei canguri corrisponde a Bayakhongor. Nel mezzo ci sono tanti paesini interessanti. Di seguito il nome originale e tra parentesi quelli nostro. Darvi (ciao Darvi, Francesco mi guarda male), Tugrug (Tuareg), Altan Teel (Alcatel), Sharga (Shakira), Bunbugur (Bunga Bunga) e Buutsagaan (Puzzacane o Mozzacane). In quale di questi ci fermeremo dipende dalle condizioni del manto stradale.
Il viaggio inizia bene, con un bel tratto asfaltato tra le montagne dove, sulla nostra sinistra vediamo un essere goffo e strano.
– E’ un orso?
– No, è uno yeti
– No, e’ un cane radioattivo di enormi proporzioni
– No, è uno yak
Ci avviciniamo e, dopo qualche dubbio sul cane radioattivo, confermiamo che è uno yak. Salutato lo yak salutiamo anche l’asfalto e iniziano tratti assolutamente non adatti alla povera Gengis. Si va alla media di 40/50 all’ora se va bene, con improvvisi tratti in cui si può “sfrecciare” a 70/80 su immensi campi d’erba. Le strade qui sono diverse piste parallele che si intersecano. Manca, ovviamente, qualsiasi tipo di segnaletica, quindi per capire se la direzione è giusta si usa la vecchia bussola.
Chiaramente così si avanza molto lentamente. Almeno c’è tempo per godersi il paesaggio (che, però, dopo le montagne è diventato steppa ripetitiva).
Il volo dell’aquila (ce ne sono davvero molte ) rompe ogni tanto la monotonia.
Vanno ghiotte di una specie di marmotta che ogni tanto si vede attraversare la strada per nascondersi nella sua buca.
La giornata continua tranquilla fino a un certo punto dove delle persone dal volto occidentale ci fanno segno di fermarci. Sono una coppia di italiani, Mamo e Veronica. Ci avevano visto prendere foto con il treppiedi e all’inizio ci avevano presi per geometri che facevano misurazioni per costruire (finalmente) la strada asfaltata.
Mamo però ha notato la Kangoo, modello inesistente da queste parti e, soprattutto la targa italiana. Stanno facendo un grand tour della Mongolia.
Seguono svariati racconti di viaggio e brindisi con birra vino e vodka da loro gentilissimamente offerti. Chiedo: ma qui qual è il tasso alcolemico consentito?
Zero, ma hai visto un poliziotto? (In effetti, usciti dagli -stan, dove c’era un poliziotto a ogni angolo, la loro assenza qui si nota).
Sfrecciamo brilli sulla sabbia fino alle 19.30, dove all’altezza di Alcatel vediamo un cartello “hotel”. Riteniamo saggio fermarci. Non ci aspettiamo molto visto il posto sperduto in cui siamo finiti. Con nostra grande sorpresa, invece, l’hotel è moderno e ben rifinito (deve essere stato costruito da un paio d’anni). Piacevole sorpresa: la baia dei canguri è lontana e le strade sono quello che sono. Meglio dormirci sopra.